Caccia in Deroga: Allarme per la Protezione degli Uccelli Migratori in Europa

Le recenti decisioni di diverse amministrazioni regionali italiane riguardo alla caccia in deroga su specie di piccoli uccelli migratori, quali fringuelli e storni, hanno acceso un vivace dibattito e sollevato forti critiche da parte delle principali associazioni per la protezione degli animali. Queste organizzazioni denunciano come tali autorizzazioni rappresentino un tentativo di accaparrarsi consensi elettorali, mascherato da presunte esigenze di gestione faunistica, ma in realtà mirato a soddisfare il mero divertimento dei cacciatori. La controversia è accentuata dalla chiara violazione delle normative europee sulla protezione della fauna selvatica, con il rischio concreto di nuove procedure d'infrazione e conseguenti sanzioni pecuniarie a carico del Paese.
Dettagli sulla controversia: Caccia in Deroga e Regioni Coinvolte
Il 4 agosto 2025, le associazioni ENPA, LAC, LAV, LNDC e OIPA hanno reso pubblico un elenco dettagliato delle regioni italiane che hanno autorizzato o richiesto la caccia in deroga a centinaia di migliaia di piccoli uccelli migratori, tra cui fringuelli e storni, specie rigorosamente protette a livello europeo. Nonostante le direttive comunitarie consentano eccezioni solo in casi eccezionali e con solide motivazioni scientifiche, le decisioni regionali sembrano basarsi su “tradizioni” o pretesti infondati, come i presunti danni all'agricoltura, già regolamentati dalla Direttiva Uccelli. Questa condotta, secondo le associazioni, non solo è un passo indietro verso pratiche antiche e insostenibili, ma rappresenta anche una sfida diretta alle leggi comunitarie, esponendo l'Italia a ulteriori condanne. Tra le amministrazioni più criticate spicca la Lombardia, che ha richiesto di cacciare oltre 41.552 storni e 97.637 fringuelli, e persino altre specie protette. Seguono il Veneto, con richieste per 70.123 fringuelli e 29.842 storni, e la Toscana, che ha richiesto l'abbattimento di quasi 120.000 fringuelli. Anche Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna e Lazio figurano nell'elenco con numeri significativi di autorizzazioni o richieste. La Liguria, in particolare, è stata indicata come capofila di questa politica, giustificando le sue decisioni con motivazioni “assurde e ridicole” come la tradizione gastronomica e il turismo venatorio. Completano il quadro Umbria, Marche, Puglia e la Provincia di Trento, anch'esse con un elevato numero di richieste per l'abbattimento di queste specie. Complessivamente, le regioni coinvolte hanno autorizzato o richiesto il massacro di circa 581.302 fringuelli e 230.242 storni.
Dal punto di vista di un osservatore attento, questa situazione non può che generare profonda preoccupazione. L'ostinazione di alcune regioni italiane nel voler autorizzare la caccia in deroga a specie protette, nonostante le ripetute condanne europee e l'ampia opposizione dei cittadini, rivela una preoccupante disconnessione tra la politica e le esigenze di conservazione ambientale. Questo approccio non solo mette a rischio l'equilibrio ecologico e la biodiversità, ma mina anche la credibilità dell'Italia a livello internazionale. È imperativo che le istituzioni rivalutino queste politiche, ponendo la salvaguardia della fauna selvatica e il rispetto delle normative europee al di sopra di interessi di parte e calcoli elettorali. La voce delle associazioni ambientaliste e della maggioranza dei cittadini contrari alla caccia deve essere ascoltata, per garantire un futuro in cui la coesistenza tra uomo e natura sia basata sul rispetto e sulla sostenibilità.