Miriam Abi Dagga: Una Storia di Coraggio e Sacrificio nel Cuore di Gaza

La voce che non si spegne: l'eredità di Mariam Abi Dagga oltre il silenzio assordante del conflitto.
Un destino tragico e una macchina fotografica intrisa di storia: la testimonianza di una vita dedicata alla verità.
La vicenda di Mariam Abu Dagga, una giornalista indipendente di trentatré anni, il cui percorso è stato interrotto da un raid aereo a Gaza, si manifesta attraverso due potenti simboli: una macchina fotografica, strumento della sua passione e professione fino all'ultimo respiro, macchiata dal suo sangue, e una lettera, un messaggio commovente rivolto al figlio tredicenne Ghaith. Questa missiva, un inno alla vita e un testamento spirituale, ha superato i confini della Striscia, suscitando profonda emozione in tutto il mondo.
L'ultimo messaggio di una madre: parole di speranza e coraggio per un futuro lontano dal dolore.
Mariam è una delle cinque vittime tra gli operatori dell'informazione colpite dall'attacco all'ospedale Nasser di Khan Younis, avvenuto il 25 agosto. Poco prima di morire, ha lasciato al figlio, che da quasi due anni era lontano da lei per ragioni di sicurezza, parole intrise di un amore incondizionato e di una forza straordinaria. «Ghaith, cuore e anima di tua madre, sei tu. Ti chiedo di non piangere per me, ma di pregare», recita la lettera. E prosegue: «Voglio che tu tenga la testa alta, che tu studi, che tu sia brillante e distinto... Quando crescerai, ti sposerai e avrai una figlia, chiamala Mariam come me.»
L'eco delle sue parole sui social media: un simbolo di resilienza e di impegno femminile nel giornalismo.
Il messaggio di Mariam ha risuonato ampiamente sui social network, amplificato da figure come l'attivista Patrick Zaki, che ha definito le sue parole «strazianti». Zaki ha sottolineato come la giornalista, «sotto le bombe, pensi solo alla dignità, alla felicità e al futuro di suo figlio». Ha inoltre evidenziato la prospettiva di genere del sacrificio di Mariam, affermando che i rischi affrontati dalle giornaliste sono spesso maggiori, rendendola un «simbolo di coraggio e di voce femminile libera, che oggi vola nei cieli insieme a Shireen Abu Akleh».
Una carriera segnata dal dolore, ma mai fermata dalla paura: la determinazione di chi non smette di raccontare.
Professionista apprezzata, Mariam Abu Dagga ha collaborato con importanti testate internazionali, che l'hanno elogiata per la sua «rara onestà e coraggio». La sua carriera, iniziata nel 2018, era stata profondamente segnata da una tragedia personale: durante la documentazione della Grande Marcia del Ritorno, aveva filmato la morte di un manifestante, scoprendo solo in seguito che si trattava di suo fratello. Nonostante questa perdita, e nonostante la successiva scomparsa della madre e di un caro collega nell'attuale conflitto, Mariam non ha mai smesso di narrare la realtà.
Il tributo di vite spezzate: il drammatico bilancio dei reporter vittime del conflitto.
La narrazione dell'attacco è brutalmente dettagliata: due esplosioni ravvicinate hanno colpito l'ospedale Nasser. Mariam, insieme ad altri colleghi, stava giungendo sul luogo della prima detonazione quando è stata colpita dalla seconda. Con lei hanno perso la vita Mohammed Salama, Hussam al-Masri, Moaz Abu Taha e Ahmad Abu Aziz. La loro morte ha aggravato il tragico conteggio delle vittime: secondo il Committee to Protect Journalists (CPJ), ben 197 operatori dei media, di cui 189 palestinesi, sono stati uccisi dall'inizio della guerra, un numero senza precedenti nei conflitti recenti.
La richiesta di protezione internazionale: un appello urgente per la salvaguardia della stampa libera.
Organizzazioni internazionali, tra cui Reporter Senza Frontiere, hanno sollecitato una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per discutere la protezione dei giornalisti. La loro presenza a Gaza è ritenuta cruciale, soprattutto in un contesto dove l'accesso alla stampa internazionale è gravemente limitato. La storia di Mariam Abu Dagga incarna così una duplice tragedia: quella di un conflitto che non risparmia i civili e quella di una stampa libera, incessantemente sotto attacco. Il suo ultimo desiderio, espresso in quella lettera, rimane l'atto conclusivo di una madre che ha trasformato il proprio dolore in un'eredità di speranza per il futuro del figlio.