Opposizione Ferma all'Allevamento Intensivo di Galline a Travacò Siccomario

Un fronte comune formato da importanti organizzazioni animaliste, tra cui LNDC Animal Protection, ENPA, LAV e Rete dei Santuari di Animali Liberi, si è schierato con fermezza contro il progetto di realizzazione di un vasto allevamento intensivo di galline ovaiole nel comune di Travacò Siccomario. Le associazioni hanno formalmente diffidato l'amministrazione comunale dal concedere le necessarie autorizzazioni, argomentando che tale iniziativa sarebbe profondamente lesiva per il benessere degli animali, l'integrità ambientale e in palese contrasto con le normative vigenti. La battaglia per la tutela del territorio e dei suoi abitanti, sia umani che animali, è ora al centro del dibattito locale, evidenziando le complessità legate allo sviluppo industriale in aree di significativo valore ecologico.
La controversia ruota attorno a un piano che prevede l'installazione di un impianto con voliere industriali ad alta densità, progettato per ospitare circa 39.000 galline ovaiole. Le organizzazioni ambientaliste e animaliste hanno sottolineato come l'ubicazione scelta per questo allevamento, un'area agricola adiacente a un centro di accoglienza per cani, sia particolarmente problematica. Questa vicinanza è stata evidenziata come una fonte potenziale di gravi disagi per gli animali già presenti, oltre a generare preoccupazioni di carattere sanitario ed etologico. La presenza di rumori costanti, odori sgradevoli, infestazioni di insetti, polveri e liquami organici potrebbe deteriorare significativamente le condizioni di vita e la salute degli animali accuditi nel rifugio, oltre a creare un ambiente insalubre per il personale.
Le condizioni di vita delle galline all'interno di tali strutture sono state uno dei punti cardine della contestazione. Le associazioni hanno illustrato come in allevamenti di queste proporzioni, le galline siano costrette a vivere in spazi angusti, privati di ogni stimolo naturale e della possibilità di esprimere comportamenti essenziali per la loro specie, quali razzolare, distendersi o fare bagni di sabbia. Questa privazione comporta un'elevata sofferenza cronica, stress psicologico, una maggiore incidenza di malattie e un generale degrado della qualità della vita degli animali, con conseguenze sanitarie notevoli. Il modello produttivo proposto è visto come obsoleto e insostenibile, ignorando le crescenti richieste di maggiore rispetto per gli animali e di pratiche produttive più etiche e sostenibili.
Un ulteriore e non meno critico aspetto sollevato riguarda l'impatto ambientale. Il sito designato per l'allevamento si trova all'interno del Parco del Ticino, una zona riconosciuta per il suo valore naturalistico e per la sua ricchezza in termini di biodiversità. Le associazioni hanno allertato circa la possibilità che un progetto di tale portata possa compromettere irrimediabilmente l'equilibrio ecologico e il paesaggio di questa preziosa area protetta. Hanno inoltre ricordato che, per legge, un impianto di tali dimensioni deve essere sottoposto a una rigorosa Valutazione di Impatto Ambientale, e che deve conformarsi strettamente alle normative che regolano il benessere animale, la gestione dei reflui, le emissioni odorigene e l'igiene. La concessione dell'autorizzazione, secondo le associazioni, rappresenterebbe una grave negligenza da parte delle autorità locali, ignorando un cambiamento culturale e normativo che promuove una maggiore sensibilità verso il benessere degli esseri viventi e la sostenibilità delle attività produttive.
Le organizzazioni animaliste LNDC, ENPA, LAV e Rete dei Santuari di Animali Liberi hanno quindi sollecitato con forza il Comune di Travacò Siccomario a sospendere l'iter autorizzativo per l'allevamento, dichiarando di essere pronte a intraprendere ogni azione legale e amministrativa necessaria. Il loro impegno mira a salvaguardare il benessere degli animali, la salute dell'ambiente e della comunità locale, nonché a proteggere il rifugio per cani adiacente, enfatizzando la responsabilità delle istituzioni nel prendere decisioni che rispecchino i valori di salute, ambiente e civile convivenza, piuttosto che favorire modelli produttivi anacronistici.