Aprire una confezione di tonno è un gesto quotidiano per molti, ma la questione su come gestire l'olio al suo interno è spesso sottovalutata. Sebbene sia noto che gettarlo nel lavandino sia dannoso per l'ambiente e per le infrastrutture idriche, meno chiara è la consapevolezza sui potenziali pericoli per la salute derivanti dal suo consumo. Alcuni suggeriscono che quest'olio possa essere una fonte di nutrienti preziosi come la vitamina D e gli Omega-3, ma un'analisi più approfondita, condotta da esperte dell'Università di Santiago de Compostela, rivela un quadro diverso. I loro studi indicano che l'olio nelle lattine potrebbe non essere del tutto innocuo, a causa di contaminanti che possono migrare dal contenitore al contenuto.
Le lattine metalliche sono ampiamente utilizzate per la conservazione degli alimenti, offrendo praticità e una lunga durata. Tuttavia, la loro sicurezza è legata ai materiali utilizzati per i rivestimenti interni. Le ricercatrici Antía Lestido Cardama e Lara Pazos Soto, in collaborazione con l'Agenzia Spagnola per la Sicurezza Alimentare e la Nutrizione (AESAN), hanno focalizzato la loro attenzione sui composti presenti in tali rivestimenti. Spesso, questi contengono resine epossidiche derivate dal BADGE, un precursore del bisfenolo A (BPA), un noto interferente endocrino. Nonostante il BPA sia stato bandito dall'Unione Europea per i materiali a contatto con gli alimenti a partire dal 2025, i suoi derivati, come il BADGE, rimangono diffusi e, cosa più preoccupante, non sono ancora pienamente regolamentati. Questa situazione solleva dubbi sulla sicurezza alimentare, specialmente per prodotti ad alto contenuto di grassi come il tonno sott'olio, dove la migrazione di queste sostanze è più pronunciata. Il problema non si limita al tonno; molti altri alimenti confezionati in lattina, come piatti pronti, legumi conditi e verdure sott'olio, presentano rischi simili.
Anche se le concentrazioni di queste sostanze rilevate negli alimenti spesso rientrano nei limiti di sicurezza stabiliti dalle normative europee, è cruciale considerare l'esposizione complessiva a cui siamo soggetti. L'assunzione costante di questi composti da diverse fonti può avere un impatto significativo sulla salute, soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione, come bambini e anziani. Gli interferenti endocrini possono alterare il delicato equilibrio ormonale, portando a problemi metabolici, riproduttivi e altre complicazioni. Il gruppo di ricerca FoodChemPack ha dimostrato che la bioaccessibilità di queste sostanze, ovvero la loro capacità di essere assorbite dal corpo, aumenta notevolmente quando consumate con alimenti grassi. Fattori individuali come l'età, il pH gastrico e la frequenza di esposizione influenzano ulteriormente il rischio complessivo.
Alla luce delle evidenze scientifiche, le esperte suggeriscono alcune pratiche per minimizzare l'esposizione ai contaminanti. La prima e più importante raccomandazione è quella di non consumare l'olio presente nelle scatolette di tonno e di smaltirlo correttamente, seguendo le indicazioni per la raccolta differenziata degli oli esausti. Per una maggiore sicurezza, è consigliabile optare per il tonno al naturale o per prodotti conservati in contenitori di vetro, che non presentano i medesimi rischi di migrazione chimica. È altresì fondamentale evitare di riscaldare gli alimenti direttamente nelle lattine, poiché il calore accelera il rilascio di composti dannosi dai rivestimenti. Infine, la moderazione è la chiave: il consumo frequente di alimenti in scatola ad alto contenuto di grassi dovrebbe essere limitato per ridurre l'esposizione cumulativa a sostanze potenzialmente nocive derivate dal bisfenolo.
La perdurante crisi umanitaria a Gaza solleva interrogativi pressanti sulle implicazioni etiche dei legami commerciali globali. Nonostante la diffusa condanna internazionale per le devastazioni e la fame che affliggono la popolazione civile, le relazioni economiche con Israele, in particolare nel settore agroalimentare, rimangono sorprendentemente resilienti. Questo persistente flusso di affari pone in evidenza una dicotomia tra i principi morali dichiarati e le pratiche commerciali concrete, spingendo a una riflessione sul ruolo delle aziende e dei governi di fronte a tali tragedie.
La situazione nella Striscia di Gaza è precipitata in una catastrofe umanitaria, con la popolazione che affronta una grave carenza di cibo e risorse vitali. Rapporti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e del Global Nutrition Cluster, datati luglio 2025, rivelano che quasi un bambino su cinque sotto i cinque anni a Gaza City è gravemente malnutrito. La ricerca disperata di cibo ha già causato oltre 1.060 vittime e 7.200 feriti dal 27 maggio dello stesso anno.
In questo contesto drammatico, emergono dati economici sorprendenti. Nel 2024, le esportazioni agroalimentari italiane verso Israele hanno raggiunto la notevole cifra di 440 milioni di euro. Nonostante alcune nazioni europee, tra cui Finlandia, Irlanda, Belgio, Spagna e Regno Unito, abbiano espresso riserve diplomatiche sulla situazione, i loro legami commerciali con Israele sono rimasti inalterati. Aziende alimentari italiane di spicco, come Ferrero, Mutti, Campari e Rummo, che sono tra i maggiori esportatori verso Tel Aviv, non hanno finora modificato le loro politiche commerciali, ignorando gli appelli a sospendere le vendite.
Organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch hanno sollecitato l'Unione Europea a bloccare gli accordi commerciali con Israele. Tuttavia, l'export è proseguito senza interruzioni significative. Solo di recente l'UE ha proposto una revisione dell'Accordo di Associazione con Israele, e la potenziale esclusione da programmi come Horizon Europe è ancora in fase di valutazione, senza decisioni definitive prese a tutto agosto 2025.
Nel Regno Unito, il Co-operative Food Retail Group, con oltre 2.300 punti vendita, ha adottato una posizione più decisa, decidendo di eliminare prodotti e ingredienti provenienti da 17 paesi, inclusa Israele, a partire da giugno 2025, con una sospensione specifica delle carote israeliane. In Italia, circa 500 supermercati facenti parte di Coop Alleanza 3.0, Unicoop Firenze e Unicoop Etruria hanno preso una decisione simile riguardo ai prodotti israeliani. Al contrario, Coop Italia e altre grandi catene di supermercati e discount nel territorio italiano non hanno intenzione di interrompere le importazioni da Israele.
La redazione di “Il Fatto Alimentare” ha inviato una lettera alle principali aziende alimentari e catene di supermercati italiane, cercando una presa di posizione ufficiale, ma non ha ricevuto alcuna risposta. Questa mancanza di chiarezza solleva ulteriori domande sulla trasparenza e la responsabilità delle imprese di fronte a una delle crisi umanitarie più gravi degli ultimi tempi.
La persistenza dei legami commerciali con Israele da parte di numerose aziende, nonostante le atrocità che si stanno consumando a Gaza, solleva un profondo dilemma morale. Come possiamo conciliare la condanna del genocidio e della fame con la continuazione degli affari come se nulla fosse? Questo scenario ci spinge a riflettere sulla responsabilità sociale delle imprese e sulla necessità che i consumatori e la società civile esercitino una pressione etica più forte. Forse è tempo che i leader aziendali non solo vedano i numeri dei bilanci, ma anche le immagini strazianti di una popolazione che soffre, e scelgano di agire in base a principi di umanità, piuttosto che al mero profitto. L'assenza di risposte chiare da parte di molte aziende italiane a fronte di richieste esplicite denota una reticenza che non può più essere tollerata in un mondo sempre più interconnesso e consapevole delle ingiustizie globali.
Recentemente, le autorità sanitarie hanno emesso avvisi cruciali riguardanti il ritiro di diversi prodotti alimentari dal commercio. Questi richiami sono stati motivati da preoccupazioni significative per la salute pubblica, dovute alla presenza di sostanze nocive o microrganismi patogeni. I consumatori sono stati esortati a prestare massima attenzione e a non consumare gli articoli interessati, restituendoli ai punti vendita per un rimborso o una sostituzione. Tale azione dimostra l'impegno costante delle istituzioni nel salvaguardare la sicurezza alimentare e proteggere il benessere dei cittadini.
Le segnalazioni del Ministero della Salute hanno portato al ritiro precauzionale di specifici lotti di prodotti alimentari. Tra questi, i filetti di acciughe a marchio Il Cannone sono stati ritirati per un livello di istamina superiore alla norma, potenziale causa di reazioni avverse. Parallelamente, un lotto di polline millefiori Enolapi è stato oggetto di richiamo per la presenza di alcaloidi pirrolizidinici oltre i limiti di legge, composti che possono avere effetti tossici sull'organismo. Infine, un tipo di salame affumicato Del Nera è stato ritirato a causa della rilevazione di Listeria monocytogenes, un batterio responsabile di gravi infezioni alimentari.
Questi richiami sono il risultato di analisi e controlli rigorosi volti a identificare e rimuovere dal mercato prodotti che non rispettano gli standard di sicurezza. Le acciughe, confezionate in vasetti di vetro, presentavano un rischio legato all'istamina, una sostanza che può causare sintomi come arrossamento, mal di testa e nausea in soggetti sensibili. Il polline, un integratore alimentare naturale, è stato contaminato da alcaloidi, la cui ingestione prolungata può essere dannosa per la salute. Per quanto riguarda il salame, la presenza di Listeria monocytogenes rappresenta un pericolo serio, soprattutto per le categorie più vulnerabili della popolazione, come anziani, donne in gravidanza e persone con sistema immunitario compromesso, potendo portare a listeriosi con conseguenze anche gravi. È fondamentale che i consumatori verifichino i lotti e i termini minimi di conservazione dei prodotti in loro possesso e si attengano alle indicazioni delle autorità sanitarie per la loro restituzione.
Le autorità competenti hanno agito prontamente nel diramare gli avvisi di richiamo, evidenziando l'importanza di una vigilanza costante sulla catena alimentare. I produttori coinvolti hanno collaborato con le istituzioni per ritirare i prodotti difettosi e avviare le procedure di verifica necessarie. Queste operazioni mirano a proteggere i consumatori da potenziali intossicazioni o malattie legate al consumo di alimenti non conformi agli standard di sicurezza igienico-sanitaria.
La trasparenza nelle comunicazioni è cruciale per la gestione di tali crisi alimentari. Il Ministero ha fornito dettagli specifici sui lotti interessati, inclusi numeri identificativi e date di scadenza, al fine di facilitare ai consumatori la verifica dei prodotti in loro possesso. È sempre consigliabile consultare regolarmente gli avvisi di richiamo pubblicati dalle autorità sanitarie e dalle associazioni di consumatori. In caso di possesso di uno dei prodotti richiamati, il consiglio è di non consumarlo assolutamente e di riportarlo al punto vendita dove è stato acquistato per ottenere un rimborso o una sostituzione. Questo approccio proattivo da parte dei consumatori è essenziale per prevenire rischi per la propria salute e per quella della comunità.