L'atletica leggera italiana ha celebrato un'impressionante serie di vittorie ai Campionati Europei Under 20, con numerosi atleti che hanno portato a casa ambite medaglie d'oro, dimostrando il crescente potenziale del settore giovanile. Questo successo evidenzia un futuro promettente per lo sport nazionale.
Le giornate degli Europei Under 20 di Atletica, svoltesi nell'incantevole città finlandese di Tampere, sono state illuminate dalle performance eccezionali dei giovani atleti italiani. Il 9 agosto 2025, in particolare, ha segnato un momento storico per la squadra azzurra. Protagonista indiscussa è stata la talentuosa Kelly Doualla, una prodigiosa atleta lombarda di soli 15 anni. Già nota per aver infranto il record europeo Under 18 nei 100 metri, Doualla ha consolidato il suo status di astro nascente conquistando l'oro nella finale dei 100 metri Under 20. La sua vittoria è stata un chiaro segnale della sua inarrestabile ascesa nel panorama dell'atletica leggera, superando ogni aspettativa e commento. Non da meno, Diego Nappi ha aggiunto un'altra medaglia d'oro al bottino italiano, dominando la gara dei 200 metri piani con un tempo di 20 secondi e 77 centesimi. Il trionfo è stato completato da Erika Saraceni, che ha entusiasmato il pubblico e gli appassionati con una performance maestosa nel salto triplo, raggiungendo la misura di 14 metri e 24 centimetri, un risultato che non solo le è valso la medaglia d'oro, ma ha anche stabilito un nuovo, brillante record per i campionati. Questi successi collettivi sottolineano non solo l'abilità individuale degli atleti, ma anche la forza e la dedizione del sistema sportivo italiano.
Questo straordinario risultato agli Europei Under 20 non è solo una fonte di orgoglio nazionale, ma serve anche da potente ispirazione. Dimostra che con talento, dedizione e il giusto supporto, i giovani atleti italiani possono raggiungere vette inimmaginabili, sfidando preconcetti e superando ogni barriera, inclusi i commenti negativi. È un messaggio di speranza e un incoraggiamento a investire sempre più nei talenti emergenti, capaci di portare l'Italia sul podio mondiale.
Sempre più giovani si trovano a raccontare, negli spazi terapeutici, una storia ricorrente di profonda delusione, rabbia e un senso di tradimento. Queste emozioni non sono rivolte a figure genitoriali specifiche, ma a un'intera generazione: quella dei baby boomer. Essi sono cresciuti con la promessa di un'esistenza sicura, caratterizzata da un impiego stabile, una proprietà immobiliare e un generale benessere, un modello che oggi appare irraggiungibile per le nuove leve.
La disillusione ha dato origine al 'boomer blaming', un termine che incapsula la frustrazione, la rabbia e l'impotenza provate dai giovani verso chi li ha preceduti. Questo sentimento va oltre una semplice critica; è il segnale di un malessere collettivo che affonda le radici in aspettative non realizzate e in un futuro percepito come precario. È un'accusa che, seppur apparentemente superficiale, nasconde una sofferenza ben più profonda.
La reazione emotiva dei giovani trascende la mera rabbia e si manifesta come un vero e proprio lutto. Non si tratta del dolore per la perdita di una persona, ma di un'elaborazione complessa per un futuro che sembra destinato a non concretizzarsi. Questa condizione è spesso descritta come lutto anticipatorio o non riconosciuto, emergendo quando la consapevolezza che sogni e aspettative personali sono irrealizzabili si fa strada. La possibilità di acquistare una casa, di fondare una famiglia in sicurezza economica, o di avere certezze professionali e sanitarie è diventata un miraggio, lasciando un vuoto di speranza.
Questa sofferenza non è circoscritta all'individuo, ma si estende a un livello collettivo, come dimostrato da studi scientifici significativi. Una ricerca di ampio respiro, pubblicata su 'The Lancet Planetary Health', che ha coinvolto diecimila giovani tra i 16 e i 25 anni in dieci diverse nazioni, ha rivelato dati allarmanti: l'84% dei partecipanti è preoccupato per il cambiamento climatico, il 75% è spaventato dal futuro, e l'83% ritiene che le generazioni passate abbiano fallito nella protezione del pianeta. I partecipanti esprimono tristezza, rabbia, impotenza e un profondo senso di tradimento da parte di governi e adulti che avrebbero dovuto salvaguardare il loro futuro.
La psicoterapia, pur non fornendo soluzioni immediate, offre uno spazio per affrontare e trasformare questa rabbia. Invece di rimanere intrappolati in un ciclo di accuse e depressione, è possibile convertire questa energia negativa in una forza costruttiva. Sebbene sia innegabile che qualcosa sia stato sottratto alla generazione attuale, ciò non implica l'impossibilità di costruire nuove realtà e percorsi. La sfida consiste nel reimmaginare un futuro che, pur non ricalcando i modelli precedenti, possa offrire nuove forme di realizzazione e benessere.
Forse non è più possibile replicare il modello di vita delle generazioni precedenti. La vera opportunità risiede nel liberarsi dall'idea che il proprio valore sia legato al possesso o al raggiungimento di obiettivi oggi inaccessibili. Si può, invece, abbracciare la possibilità di inventare nuovi desideri, esplorare strade inedite e concepire modi innovativi di vivere il mondo. La psicoterapia, in questo contesto, aiuta a creare lo spazio necessario per accettare il dolore non come una resa, ma come un punto di partenza per smettere di lottare contro l'immutabile e iniziare a prendersi cura di ciò che è ancora possibile costruire.
Un rischio insito nel 'boomer blaming' è l'idealizzazione del passato, credendo che 'prima fosse tutto migliore'. Tuttavia, gli anni '80, per esempio, non erano esenti da problemi: disuguaglianze, violenze, disinformazione e discriminazioni erano realtà diffuse. Oggi, la società possiede una maggiore consapevolezza, un linguaggio emotivo più ricco e una crescente cultura della cura, elementi inesistenti in passato. Il 'boomer blaming' è un sintomo di un disagio collettivo, il segnale di una generazione che percepisce un futuro incerto e reagisce con rabbia. Tuttavia, la rabbia da sola non è sufficiente. È essenziale riconoscere il dolore sottostante, elaborarlo e immaginare un futuro diverso: forse più incerto e fragile, ma comunque possibile e, soprattutto, proprio.
La diffusione di una credenza errata tra i gestori di bar italiani ha portato alla quasi scomparsa del caffè freddo pre-preparato, specialmente in regioni come le Marche. Molti esercenti, convinti di un fantomatico divieto normativo, hanno cessato di offrire questa bevanda rinfrescante, molto apprezzata durante i mesi caldi. Tuttavia, l'agronomo Daniele Paci ha categoricamente smentito tale mito, evidenziando come l'assenza di caffè freddo pronto non sia dovuta a proibizioni legislative, ma piuttosto a una scarsa conoscenza o applicazione delle corrette procedure igienico-sanitarie previste dal sistema HACCP. Questo sistema è fondamentale per la sicurezza alimentare e, se correttamente implementato, permetterebbe ai bar di continuare a servire caffè freddo in tutta sicurezza, ripristinando una consuetudine estiva gradita a molti.
La disinformazione riguardo la preparazione del caffè freddo nei locali pubblici ha generato una situazione particolare: si è diffusa l'idea che esistano restrizioni legali severe sulla produzione anticipata di questa bevanda. Nonostante ciò, la realtà è ben diversa. Le normative vigenti, in particolare quelle relative all'HACCP, non precludono affatto la possibilità di pre-preparare il caffè freddo. L'attenzione si sposta invece sulla necessità di adottare rigorose misure di igiene e conservazione per assicurare la salubrità del prodotto finale. Questo significa che i baristi possono tranquillamente preparare il caffè freddo in anticipo, a patto di rispettare determinate condizioni di sicurezza alimentare.
Le linee guida per una preparazione sicura prevedono alcuni passaggi cruciali. Innanzitutto, è indispensabile utilizzare contenitori o bottiglie che siano stati precedentemente sterilizzati in modo impeccabile, al fine di scongiurare qualsiasi rischio di contaminazione batterica. Successivamente, una volta preparato e dolcificato, il caffè deve essere raffreddato rapidamente fino a raggiungere una temperatura di 4°C, un passaggio vitale per inibire la proliferazione di microrganismi nocivi. Ogni contenitore deve poi essere etichettato con la data di produzione, un dettaglio che facilita il monitoraggio della freschezza e garantisce che il prodotto venga consumato entro un lasso di tempo sicuro, stabilito in un massimo di 48 ore. Superato questo termine, il caffè non è più idoneo al consumo. Queste precauzioni sono essenziali perché il caffè freddo, arricchito di zucchero e mantenuto a temperature non ottimali, può diventare un terreno fertile per la crescita batterica, se non gestito con la dovuta attenzione.
La convinzione diffusa di un "divieto" sulla preparazione anticipata del caffè freddo ha, di fatto, privato i consumatori di una bevanda estiva molto apprezzata. Questa errata percezione, alimentata dalla riluttanza di molti esercenti a conformarsi alle procedure igieniche corrette, ha portato a una perdita significativa per il settore della ristorazione. Il ritorno del caffè freddo sui banconi dei bar italiani non solo soddisfarebbe la domanda dei clienti, ma rappresenterebbe anche un segnale di una maggiore consapevolezza e professionalità da parte dei gestori. L'adozione di protocolli HACCP specifici, la formazione del personale e la chiara comprensione delle norme igienico-sanitarie potrebbero facilmente ripristinare questa amata tradizione. L'obiettivo è superare la disinformazione e garantire che, con le giuste precauzioni, il caffè freddo possa tornare a essere una presenza costante e sicura nell'offerta dei bar, senza alcun ostacolo normativo reale.