L'ultima edizione del Global Peace Index, relativa al 2025, ha nuovamente riconosciuto l'Islanda come la nazione più serena del pianeta. Questo primato, mantenuto con costanza dal 2008, è il risultato di un profondo senso di coesione sociale, tassi di criminalità estremamente contenuti e una politica di difesa quasi inesistente. Il rapporto evidenzia come in Islanda la percezione di sicurezza sia intrinseca alla vita quotidiana, manifestandosi in scene di bambini che riposano all'aperto o persone che passeggiano senza timori durante la notte. La reciproca fiducia e le avanzate politiche di uguaglianza di genere rafforzano ulteriormente questa armonia, posizionando il paese tra i leader mondiali per parità di diritti. Questo quadro è completato da servizi pubblici di alta qualità e solide istituzioni, che insieme contribuiscono a un'atmosfera di tranquillità diffusa.
Per chi visita l'Islanda, questa sensazione di pace è palpabile in ogni esperienza, dalle immersioni nelle sorgenti geotermiche, dove è comune conversare amichevolmente con gli abitanti, alle escursioni nelle selvagge Highlands, fino alla partecipazione a eventi culturali a Reykjavík. Il senso di comunità e la sicurezza pervadono ogni momento, rendendo l'esperienza turistica profondamente rilassante e autentica.
La classifica del Global Peace Index 2025 non si limita all'Islanda, ma riconosce anche altre nazioni per i loro notevoli livelli di tranquillità. L'Irlanda si è guadagnata il secondo posto, frutto di una straordinaria trasformazione da terra di conflitti a simbolo di neutralità e accoglienza. Sul terzo gradino del podio troviamo la Nuova Zelanda, dove severe normative sulle armi, paesaggi incontaminati e un forte spirito comunitario garantiscono una vita pacifica e protetta. A seguire, l'Austria conferma la sua storica neutralità militare e l'investimento nel benessere interno, mentre la Svizzera continua a dimostrare un equilibrio esemplare tra stabilità politica e elevata qualità della vita. Queste nazioni rappresentano esempi luminosi di come sia possibile costruire società resilienti e serene.
Il rapporto evidenzia anche un trend preoccupante: dal 2008, la condizione globale di pace è diminuita del 5,4%, e il divario tra i paesi più e meno pacifici è aumentato di oltre il 10%. Russia e Ucraina si trovano agli ultimi posti della classifica, mentre gli Stati Uniti si posizionano al 128° posto, penalizzati da un alto grado di militarizzazione. L'Italia, pur migliorando di una posizione rispetto all'anno precedente, si colloca al 33° posto, un risultato che invita a riflettere. Pur non essendo tra le nazioni più turbolente, l'Italia è lontana dai vertici, sintomo di fragilità strutturali in termini di sicurezza, stabilità politica e fiducia nelle istituzioni. Fattori come la criminalità organizzata, le tensioni sociali e l'incidenza delle spese militari in un contesto geopolitico instabile contribuiscono a questo piazzamento. Sebbene l'Italia sia più pacifica della Francia (74° posto), non raggiunge il livello di Germania (20° posto) o Spagna (25° posto), posizionandosi in una \"terra di mezzo\".
Il concetto di \"Pace Positiva\" è fondamentale per comprendere i risultati di queste nazioni: si tratta di un insieme di strutture e attitudini che promuovono la prosperità, il benessere e la resilienza. Un approccio che non solo genera maggiore sicurezza, ma anche crescita economica e un'elevata qualità della vita. La posizione dell'Italia, dietro a paesi come la Slovenia e la Croazia, dovrebbe stimolare una profonda riflessione su come tradurre il ricco potenziale culturale e democratico del paese in una pace più solida e percepita a livello sociale.
Il periodo di settembre porta spesso con sé una sensazione di malessere diffuso, identificabile come la cosiddetta 'malinconia post-vacanza'. Il risveglio mattutino diventa un peso, la pausa caffè perde il suo fascino vacanziero e la libertà estiva svanisce, lasciando spazio a un disagio che molti riconoscono. Questo fenomeno non è solo psicologico, ma ha radici profonde nella fisiologia del nostro corpo. Durante le ferie, i ritmi biologici si rilassano e i livelli dell'ormone dello stress, il cortisolo, diminuiscono significativamente. Tuttavia, il brusco ritorno agli impegni quotidiani innesca una reazione nel nostro sistema di allarme interno, portando a un aumento repentino e prolungato di questo ormone. Questo picco di cortisolo, che può rimanere elevato per ore, spiega la sensazione di esaurimento che si prova già nelle prime ore della giornata lavorativa, evidenziando una vera e propria battaglia chimica interna che il corpo affronta per riadattarsi.
Per affrontare efficacemente questa fase di transizione e minimizzare gli effetti negativi del rientro, esistono tre approcci fondamentali. Primo, è consigliabile anticipare il ritorno a casa di due o tre giorni rispetto alla fine ufficiale delle ferie. Questo periodo di “decompressione” permette di riabituarsi gradualmente alla routine, riducendo lo shock e lo stress. È un po' come la risalita lenta dei subacquei, necessaria per evitare problemi: si possono dedicare questi giorni a sistemare la casa, fare la spesa con calma o semplicemente riprendere contatti sociali rilassati. Secondo, pianificare attività piacevoli per la prima settimana di lavoro può rendere il rientro meno traumatico. Avere appuntamenti divertenti in agenda, come una cena tra amici o una gita nel weekend, offre al cervello qualcosa di positivo su cui concentrarsi, spezzando la monotonia e dimostrando che il piacere non è confinato solo al periodo delle vacanze. Terzo, e forse il più significativo, è mantenere almeno una delle abitudini vacanziere che si sono acquisite. Che si tratti di una passeggiata serale, di un aperitivo in relax o della lettura di un libro, integrare questi piccoli rituali nella vita di tutti i giorni crea un ponte tra il relax delle ferie e la realtà quotidiana, ricordando al cervello che il benessere può essere una costante e non solo un'eccezione.
È importante ricordare che il disagio associato al rientro è una condizione passeggera, che generalmente si risolve nel giro di un paio di settimane. Essere indulgenti con se stessi e non aspettarsi prestazioni al 100% fin dal primo giorno è cruciale, poiché sia il corpo che la mente necessitano di tempo per riadattarsi. Accogliere il rientro con un atteggiamento positivo e adottare strategie mirate al benessere, come quelle suggerite, non solo facilita il processo di transizione, ma promuove anche una maggiore consapevolezza sul proprio equilibrio psicofisico. Questo ci consente di affrontare le sfide quotidiane con maggiore resilienza e di coltivare un senso di pace interiore, indipendentemente dalle circostanze esterne, ricordandoci che il vero benessere è un viaggio continuo, fatto di piccole scelte consapevoli.
In un contesto di devastazione in cui le istituzioni educative a Gaza sono state annientate, emerge un'iniziativa di grande rilevanza umanitaria denominata “Fiori dai cannoni”. Promossa dalla casa editrice Another Coffee Stories (ACS), in collaborazione con l'avvocata Annalisa Nanna e una rete di accademici e attivisti, il progetto si prefigge di salvaguardare il diritto all'istruzione per i giovani palestinesi. L'obiettivo primario è istituire corridoi educativi sicuri e ottenere visti di \"emergenza educativa\" per circa cento studenti già ammessi in atenei italiani, ma tuttora bloccati nella Striscia di Gaza. Questa azione non solo intende offrire un'opportunità di formazione, ma anche preservare il capitale umano e intellettuale di una comunità duramente provata, sottolineando che la ricostruzione di un futuro passa necessariamente attraverso l'educazione e la cultura.
Il 5 agosto, nella Sala Stampa della Camera dei Deputati, si è tenuta una conferenza stampa cruciale. L'evento ha segnato la presentazione formale di un appello diretto al governo italiano, sollecitando un'autorizzazione ufficiale che riconosca l'iniziativa come una missione umanitaria di emergenza. Tale riconoscimento è fondamentale per sbloccare il rilascio di visti speciali che consentano a circa un centinaio di studenti palestinesi, già accettati da università italiane, di lasciare la Striscia di Gaza. L'iniziativa, promossa dall'organizzazione “Fiori dai cannoni”, chiede non solo visti prioritari, ma anche l'istituzione di un corridoio umanitario protetto specificamente dedicato all'istruzione. A sostegno di questa richiesta, vengono citati strumenti giuridici internazionali già esistenti, quali i visti umanitari in deroga (art. 25 del Reg. CE 810/2009), la protezione speciale di minori e civili in conflitto (IV Convenzione di Ginevra, art. 24) e le misure di protezione temporanea per persone in fuga da conflitti (Direttiva 2001/55/CE). È stato inoltre ricordato come la giurisprudenza italiana abbia già emesso provvedimenti favorevoli in situazioni analoghe, tra cui l'ordinanza del TAR Lazio di giugno, che ha disposto il rilascio di visti per tre studentesse di Gaza destinate all'Università di Siena, e la decisione del Tribunale di Roma di agosto, che ha concesso visti umanitari a nuclei familiari palestinesi, evidenziando l'urgenza della situazione.
Gli organizzatori hanno formulato quattro richieste inequivocabili al governo, fissando una scadenza precisa. Chiedono l'attivazione immediata di un trasporto sicuro per l'evacuazione degli studenti borsisti da Gaza, il riconoscimento dell'operazione come missione umanitaria con finalità educative, il rilascio di visti prioritari per \"emergenza educativa\", in linea con le recenti decisioni giurisprudenziali, e il coordinamento con i Rettori universitari per garantire l'arrivo degli studenti in Italia entro il 15 settembre 2025, in tempo utile per l'inizio del semestre accademico. Una diffida formale, con scadenza al 15 settembre, è stata inviata via PEC il 18 agosto 2025, con l'avvertimento che, in assenza di risposte, si procederà con ricorsi ai più alti gradi giurisdizionali. Questa iniziativa sottolinea l'importanza cruciale del diritto allo studio come diritto umano fondamentale, sancito dalla Dichiarazione Universale (art. 26) e dalla Costituzione italiana (artt. 33-34). Senza università, una società perde la sua vitalità intellettuale e la capacità di resilienza. Garantire l'accesso all'istruzione ai giovani di Gaza significa non solo salvare vite nel presente, ma anche gettare le basi per la ricostruzione di un futuro più sostenibile e giusto per il loro Paese, riconoscendo che la rinascita di una comunità si costruisce anche tra i banchi di scuola e nei laboratori di ricerca.
Da giornalista, questa notizia mi colpisce profondamente perché evidenzia come, anche nelle situazioni più disperate, l'istruzione rimanga un faro di speranza e un diritto inalienabile. La determinazione di organizzazioni e individui nel lottare per il futuro di questi giovani, offrendo loro un'opportunità di studio lontano dagli orrori della guerra, è un esempio commovente di solidarietà umana. Il loro impegno non è solo un atto di carità, ma un potente richiamo alla responsabilità internazionale di proteggere e promuovere l'educazione, soprattutto per coloro che ne sono stati privati. È un monito che la ricostruzione di una società non si limita alle infrastrutture fisiche, ma passa soprattutto dalla formazione delle menti e dalla valorizzazione del potenziale umano. L'iniziativa “Fiori dai cannoni” ci ricorda che investire nell'istruzione è sempre un investimento nel futuro e nella pace, trasformando il dolore e la distruzione in semi di speranza e conoscenza.