La Lotta Globale alla Plastica: Sfida tra Produzione e Gestione Rifiuti a Ginevra

La comunità internazionale è impegnata in una corsa contro il tempo a Ginevra, dove si sta giocando il destino di un trattato vincolante sull'inquinamento da plastica. Questa sessione cruciale del Comitato intergovernativo di negoziazione (INC 5.2) si trova a un bivio, con il rischio concreto di non produrre risultati significativi. Sebbene tutti i 184 Paesi partecipanti riconoscano l'ubiquità della plastica nell'ambiente e nel corpo umano, il disaccordo verte sulle modalità d'azione. L'obiettivo è fermare la proliferazione di questo materiale, che, se non controllato, potrebbe triplicare la sua produzione globale entro il 2060, soffocando ulteriormente il nostro pianeta. La posta in gioco è altissima, e le decisioni prese in questi giorni determineranno il futuro della lotta contro l'inquinamento plastico.
Le divergenze tra le nazioni sono profonde. Da un lato, un gruppo eterogeneo di Stati, tra cui Arabia Saudita, Kuwait, Russia, Iran, Malesia, India e Stati Uniti, preme affinché il trattato si concentri principalmente sulla gestione dei rifiuti e sul riciclo, senza intaccare la produzione di plastica vergine. Questa posizione riflette, in molti casi, gli interessi economici legati all'industria petrolchimica, produttrice della materia prima. Essi sostengono che un'eccessiva restrizione alla produzione potrebbe rallentare lo sviluppo economico e creare squilibri di mercato. Per queste nazioni, l'enfasi dovrebbe essere posta sulla responsabilità post-consumo e sull'implementazione di tecnologie di smaltimento più efficienti.
Dall'altro lato, la cosiddetta “High Ambition Coalition”, composta da oltre 60 Paesi tra cui l'Unione Europea, numerose nazioni africane e latinoamericane, Australia, Canada, Regno Unito, Svizzera e i piccoli Stati insulari, chiede misure molto più stringenti. La loro visione include una riduzione globale e vincolante della produzione di plastica, l'eliminazione graduale delle sostanze chimiche più pericolose e una gestione complessiva dell'intero ciclo di vita del prodotto. Per i Paesi insulari, in particolare, la questione è di sopravvivenza, poiché sono i più colpiti dall'inquinamento marino da plastica. Essi sottolineano l'urgenza di un cambiamento radicale, affermando di non poter tollerare che il loro futuro venga compromesso da uno stallo negoziale. Le organizzazioni non governative (ONG) supportano questa posizione, avvertendo che il riciclo da solo non sarà sufficiente e che è indispensabile ridurre la quantità di plastica prodotta e assicurarsi che sia sicura e sostenibile.
Un ulteriore ostacolo è rappresentato dalla regola del consenso dell'ONU, che richiede l'approvazione unanime per l'adozione dell'accordo. Questo significa che anche un singolo Paese può bloccare il processo, rendendo estremamente difficile raggiungere un'intesa su ogni punto del trattato. Sebbene il regolamento preveda la possibilità di una votazione a maggioranza qualificata (due terzi), questa opzione è contestata, specialmente dai Paesi produttori di plastica, che preferiscono mantenere lo status quo. Tuttavia, molti esperti ritengono che il voto potrebbe essere l'unica strada per superare le tattiche ostruzionistiche. Un trattato robusto, anche se non unanimemente accettato, potrebbe comunque avere un impatto significativo a livello globale, riducendo la domanda di plastiche più inquinanti.
La bozza del trattato è passata da 22 a 35 pagine in pochi giorni, ed è costellata da quasi 1.500 parentesi quadre, un chiaro segno dei numerosi disaccordi ancora irrisolti. Questa situazione evidenzia la difficoltà di conciliare interessi economici, ambientali e sociali diversi. Entro martedì, 70 ministri e 30 alti funzionari sono attesi a Ginevra nel tentativo di sbloccare la situazione. L'appello del commissario europeo per l'ambiente, Jessika Roswall, a non perdere questa opportunità storica risuona con urgenza. Il presidente del comitato, Luis Vayas Valdivieso, continua a promuovere il dialogo cooperativo, ma con il tempo che stringe e le posizioni ancora distanti, la domanda rimane aperta: il mondo riuscirà a ottenere un trattato in grado di arginare la marea di plastica, o si dovrà accontentare di un documento annacquato, privo di regolamentazioni efficaci?