Caccia in Deroga: Allarme per la Fauna Protetta in Liguria e Lombardia

La protezione della biodiversità è un principio cardine dell'Unione Europea, eppure, in Italia, alcune regioni stanno intraprendendo azioni che contraddicono palesemente tale impegno. Recentemente, le amministrazioni regionali di Liguria e Lombardia hanno emesso delle delibere che aprono la strada alla caccia di migliaia di uccelli appartenenti a specie protette, generando un'ondata di indignazione tra le organizzazioni dedicate alla tutela animale e ambientale. Questa mossa, che rischia di trasformarsi in una vera e propria strage, sembra ignorare non solo il valore intrinseco della vita selvatica, ma anche le normative europee volte a salvaguardare gli ecosistemi.
Nel cuore della polemica si trovano due specifiche delibere. In Liguria, la delibera n. 335 del 10 luglio 2025 ha concesso l'autorizzazione all'uccisione di oltre 25.000 fringuelli e più di 11.000 storni. Ancora più significativa è la decisione della Lombardia, con la delibera n. 4714 del 14 luglio 2025, che consentirà l'abbattimento di quasi 98.000 fringuelli e oltre 41.000 storni. Queste cifre, da sole, dipingono un quadro allarmante di ciò che potrebbe accadere a queste specie, essenziali per l'equilibrio naturale e già vulnerabili a causa della perdita di habitat e dei cambiamenti climatici. La logica dietro queste decisioni regionali appare nebulosa e priva di fondamento scientifico, con giustificazioni che spaziano dalla lotta allo spopolamento delle aree interne al presunto beneficio ambientale derivante dalla gestione della vegetazione, celando forse interessi di natura elettorale e cedendo alle pressioni delle lobby venatorie.
Le principali associazioni di difesa degli animali e dell'ambiente, tra cui ENPA, LAC, LAV, Legambiente, Lipu e WWF, hanno immediatamente reagito, appellandosi direttamente al Ministro dell'Ambiente per un intervento immediato. Il loro messaggio è chiaro: queste deroghe non solo contravvengono alle direttive europee sulla conservazione degli uccelli selvatici, ma si basano su pretesti deboli, sprovvisti di basi giuridiche, scientifiche o etiche. È un déjà vu per l'Italia, già sanzionata dalla Corte di Giustizia Europea per simili violazioni. Il paradosso è che, nonostante le precedenti condanne e le chiare indicazioni europee, alcune regioni continuano a perseguire politiche di caccia che privilegiano interessi particolari a discapito della conservazione della fauna.
La posta in gioco è alta: la vita di milioni di piccoli uccelli migratori, creature che svolgono un ruolo vitale negli ecosistemi e che sono già in difficoltà a causa di fattori esterni. La caccia in deroga, in questo contesto, non rappresenta una gestione faunistica sostenibile, ma piuttosto una minaccia diretta alla sopravvivenza di specie già sotto pressione. Le argomentazioni a favore, spesso legate a un'idea superata di sviluppo economico locale tramite il turismo venatorio, non tengono conto del potenziale inespresso del turismo ecologico e dell'escursionismo, attività che valorizzano la natura senza comprometterla. Le associazioni sottolineano che un approccio illuminato dovrebbe puntare sulla tutela ambientale come motore di crescita e benessere, non sull'eliminazione indiscriminata della fauna.
La situazione attuale evidenzia una profonda dicotomia tra gli impegni europei dell'Italia in materia di biodiversità e le azioni intraprese a livello regionale. Un ulteriore passo falso in questa direzione potrebbe non solo portare a nuove condanne da parte dell'UE, con conseguenti ripercussioni economiche, ma, cosa ben più grave, significherebbe perdere un'opportunità cruciale per dimostrare l'impegno del Paese nella salvaguardia del proprio patrimonio naturale. La decisione è ora nelle mani del Ministro dell'Ambiente: agire con fermezza per bloccare queste pratiche e garantire un futuro più sicuro per la fauna selvatica italiana.