Animali
Tragedia in Giappone: Orsi Abbattuti Dopo l'Attacco Mortale a un Escursionista
2025-08-19

Recentemente, un tragico episodio ha scosso la penisola di Shiretoko, in Giappone, dove la scomparsa di un giovane escursionista si è trasformata in un dramma che ha coinvolto anche la fauna locale. A seguito del ritrovamento del corpo del ragazzo, vittima di un attacco fatale da parte di un orso, le forze dell'ordine hanno preso una decisione drastica, eliminando una famiglia di orsi, inclusi due cuccioli. Questo evento ha sollevato interrogativi profondi sulla gestione degli incontri tra uomini e animali selvatici e sulla logica di una 'vendetta' che non restituisce nulla alla vittima ma distrugge vite innocenti, evidenziando la necessità di ripensare l'approccio alla convivenza.

Le indagini, avviate il 14 agosto in seguito alla denuncia di scomparsa, hanno condotto alla scoperta del cadavere del ventenne sul Monte Rausu, una zona notoriamente popolata da orsi. I media locali hanno riportato che il decesso è avvenuto per dissanguamento, chiaramente riconducibile a un attacco animale. Durante le successive perlustrazioni, finalizzate a raccogliere elementi e oggetti personali del giovane, è stata avvistata una femmina d'orso con i suoi due piccoli nelle vicinanze del luogo dell'incidente. Senza attendere la conferma definitiva del coinvolgimento specifico di quegli esemplari nell'aggressione, le autorità hanno proceduto all'abbattimento di tutti e tre gli animali, giustificando l'atto con la loro mera presenza nella zona del ritrovamento. Sebbene campioni di DNA siano stati prelevati post-mortem per verificare la colpevolezza dell'orsa, il destino degli animali era già segnato. Questo incidente si inserisce in una serie di eventi simili, che si verificano ciclicamente in diverse parti del mondo, riproponendo il dilemma su come gestire queste complesse interazioni.

Il drammatico epilogo sul Monte Rausu, un'area naturale frequentata da escursionisti e da orsi, richiama alla mente altre tragedie, come quella che ha visto la morte di un motociclista in Romania, anch'esso a causa di un'orsa con i cuccioli. Questi eventi ci spingono a riflettere sull'importanza di un comportamento consapevole nelle aree selvatiche. Molti esperti sottolineano come una parte di queste fatalità potrebbe essere evitata se le persone seguissero scrupolosamente le linee guida e le raccomandazioni fornite per la sicurezza, come il non urlare o tentare di fuggire di fronte a un orso, soprattutto se accompagnato dai suoi piccoli. Tali reazioni istintive possono essere percepite come una minaccia dall'animale, innescando una risposta difensiva. La vicinanza eccessiva per scattare fotografie o registrare video è un altro fattore critico, come evidenziato da Daitoku Takizawa, una guida locale, che ha notato un cambiamento nel comportamento degli orsi, ora meno inclini a nascondersi o allontanarsi dalla presenza umana.

È fondamentale che le parole di esperti come Takizawa non cadano nel vuoto. Urge un'azione concreta e multisettoriale attraverso campagne di sensibilizzazione e informazione che promuovano una vera coesistenza con la fauna selvatica. L'idea che lo sterminio di uno o più orsi possa risolvere il problema o prevenire future tragedie è illusoria e crudele. Non solo non restituisce la vita alle vittime umane, ma ignora la complessità del problema, che risiede spesso nella mancanza di educazione e consapevolezza umana. La vera minaccia non sono gli animali selvatici, ma piuttosto determinate mentalità e comportamenti che mettono a rischio sia la vita umana che quella animale, trasformando gli incontri in conflitti anziché in occasioni di rispetto reciproco. Affrontare e modificare queste mentalità è l'unico modo per avanzare verso una convivenza sostenibile e armoniosa con la natura.

Controversia artistica: animali imbalsamati in mostra scatenano il dibattito etico
2025-08-19

Al MAMbo di Bologna, l'esposizione intitolata “Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo” è diventata il fulcro di un’accesa discussione pubblica. Un’installazione in particolare ha scatenato un'ondata di indignazione: un gatto impagliato posizionato su una fotocopiatrice, che i visitatori possono azionare per riprodurne l'immagine, affiancato da diversi colombi imbalsamati usati come elementi decorativi. Tale scelta artistica è stata oggetto di vivaci proteste, evidenziando una profonda spaccatura tra la libertà espressiva e il rispetto per la vita.

L'associazione LAV ha reagito con veemenza, denunciando l'opera come un “orribile spettacolo” e non come espressione artistica. L'organizzazione ha espresso forte preoccupazione per l'impiego di spoglie animali a fini provocatori, definendolo una “spettacolarizzazione della morte” e una “banalizzazione della sofferenza”. Il presidente della LAV, Gianluca Felicetti, ha sottolineato come la trasformazione di un essere senziente in un “oggetto concettuale” non possa essere considerata ironia, ma piuttosto una grave mancanza di rispetto. L'associazione ha pertanto rivolto un appello al Sindaco Matteo Lepore, richiedendo un intervento immediato per la rimozione di tutti gli animali imbalsamati dalla mostra, sostenendo che nessuna forma di provocazione artistica possa giustificare l'uso di cadaveri animali come mero arredo. Inoltre, è stato lanciato un invito al pubblico e alle altre associazioni a boicottare l'esposizione e a inviare lettere di protesta al Museo MAMbo, ribadendo che l'arte, pur potendo essere provocatoria, non deve mai travalicare i confini etici trasformando la morte in intrattenimento o riducendo gli animali a semplici oggetti scenici.

Il dibattito sollevato da questa mostra va oltre la singola installazione, toccando la questione fondamentale di cosa possa essere definito arte contemporanea e quali siano i suoi limiti etici. Ci si interroga se il solo intento di scioccare e provocare sia sufficiente a legittimare un'opera, o se esistano principi morali inderogabili. L'esposizione al MAMbo, secondo molti, ha superato un confine, riducendo la vita animale a mero materiale espositivo. Questa scelta, più che stimolare una riflessione profonda, sembra configurarsi come un gesto privo di sensibilità e di autentico valore artistico. Se tale approccio dovesse rappresentare il futuro dell'arte, si porrebbe la domanda cruciale se non si stia sacrificando la vera creatività in favore di un banale desiderio di scandalo, perdendo di vista il ruolo educativo e ispiratore che l'arte dovrebbe ricoprire nella società, promuovendo invece un senso di rispetto e compassione.

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La Crisi delle Capre a Stromboli: Urge una Soluzione Responsabile
2025-08-19

L'isola di Stromboli, in particolare il borgo di Ginostra, si trova ad affrontare una situazione insostenibile a causa della proliferazione incontrollata di capre selvatiche. Questi animali, la cui popolazione ha raggiunto circa duemila esemplari, superando di gran lunga i pochi residenti, sono diventati una fonte di notevoli disagi. La loro presenza massiccia ha provocato danni significativi a case, giardini e coltivazioni, alterando la quotidianità degli abitanti. La questione richiede un intervento urgente e ben ponderato, che non contempli soluzioni estreme come l'eliminazione, ma piuttosto strategie di gestione sostenibili e rispettose della vita animale.

La problematica ha radici storiche: le capre, discendenti di due esemplari introdotti sull'isola nel dopoguerra per scopi zootecnici, si sono riprodotte senza controllo. La situazione è precipitata in seguito ai disastrosi incendi del 2022 e alle successive alluvioni, eventi che hanno spinto gli animali a scendere dalle zone più alte del vulcano, invadendo le aree abitate. La ricerca di cibo e riparo ha portato le capre a occupare spazi privati, trasformando terrazze in pascoli e devastando orti e uliveti. Vi sono persino testimonianze di capre che, approfittando di porte lasciate aperte, si sono avventurate all'interno delle abitazioni.

Oltre ai danni materiali, la questione igienico-sanitaria è diventata preoccupante. Le capre lasciano i loro escrementi sui tetti, compromettendo la raccolta dell'acqua piovana, una risorsa idrica preziosa e limitata sull'isola. Anche i turisti hanno vissuto esperienze spiacevoli, trovandosi talvolta circondati da gruppi di capre durante le escursioni sui sentieri. Sebbene questi incontri possano generare apprensione, è fondamentale comprendere che il comportamento degli animali è dettato dalla semplice necessità di procurarsi sostentamento.

La criticità della situazione è ulteriormente aggravata dalla morte degli animali all'interno delle proprietà private, con l'onere della rimozione e sepoltura che ricade sui residenti, generando costi considerevoli. Nonostante un piano sanitario fosse stato approvato a gennaio, prevedendo sia il trasferimento che un abbattimento selettivo, non è stato attuato alcun provvedimento concreto fino ad oggi. È imperativo adottare un approccio che escluda l'abbattimento, in quanto le capre non sono responsabili della situazione venutasi a creare. Sono state introdotte dall'uomo e il loro comportamento è una diretta conseguenza della ricerca di sopravvivenza in un ambiente che è stato alterato da eventi naturali e dall'attività umana.

È quindi indispensabile elaborare un piano di trasferimento e gestione responsabile che salvaguardi la salute pubblica senza ricorrere a misure punitive nei confronti degli animali. Non è ammissibile che le capre paghino le conseguenze di una problematica generata da fattori antropici e dalla mancanza di interventi preventivi efficaci. L'obiettivo deve essere quello di tutelare sia la comunità locale che la fauna selvatica, evitando una dicotomia che costringa a scegliere tra il benessere dell'uomo e quello degli animali.

In sintesi, la convivenza tra l'uomo e la fauna selvatica a Stromboli ha raggiunto un punto di non ritorno, richiedendo una soluzione etica e sostenibile. La gestione delle capre non deve passare attraverso l'eradicazione, ma attraverso la pianificazione di trasferimenti e interventi che ripristinino un equilibrio ecologico e sociale, preservando la biodiversità dell'isola e la qualità della vita dei suoi abitanti.

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