Recentemente, un evento di notevole importanza ha catturato l'attenzione degli appassionati di fauna selvatica e degli studiosi in Italia. Dopo quasi mezzo secolo, è venuto alla luce un piccolo di gorilla all'interno dello Zoosafari di Fasano, situato nella pittoresca provincia di Brindisi. Questo straordinario avvenimento segna la seconda nascita di gorilla documentata sul territorio italiano, con l'ultima che risaliva al lontano 1980 presso lo zoo di Roma. La madre, di nome Tamani, ha dato alla luce il cucciolo, prontamente accolto e protetto dall'intero gruppo, sotto la vigile guida del maschio dominante, Nasibu. Questa nascita è il risultato di un Programma Europeo per le Specie in Pericolo (EEP), un'iniziativa volta a promuovere la riproduzione in ambienti controllati di specie che affrontano gravi minacce nel loro habitat naturale. La famiglia di gorilla, trasferitasi a Fasano nel 2024 dallo zoo di Rotterdam, include, oltre a Tamani, i suoi figli Tonka e Thabo, e Nasibu, il \"silverback\" di diciassette anni che completa la struttura sociale del gruppo. Il parco di Fasano si è impegnato a fornire un ambiente il più possibile consono alle esigenze etologiche di questi magnifici primati, con ampie aree verdi e spazi attentamente progettati.
Il 19 agosto 2025, un'emozionante notizia ha riempito i cuori di molti: la nascita di un piccolo gorilla allo Zoosafari di Fasano. Questo evento, il primo in Italia dopo oltre cinquant'anni, ha generato un'ondata di entusiasmo. La madre, Tamani, e il padre, Nasibu, il maschio dominante del gruppo, hanno accolto il nuovo arrivato con la protezione tipica della specie, in un ambiente che il parco si sforza di rendere il più simile possibile al loro habitat naturale, con estesi spazi verdi e strutture pensate per il loro benessere. Questa nascita è un chiaro successo del Programma Europeo per le Specie in Pericolo, un'iniziativa fondamentale per la salvaguardia di specie a rischio come i gorilla, che in natura sono severamente minacciati da bracconaggio, deforestazione e malattie. La famiglia di Fasano, proveniente dallo zoo di Rotterdam, è un esempio concreto degli sforzi di conservazione. Tuttavia, al di là dell'indubbia importanza scientifica e del valore simbolico di questa nascita, emerge una domanda cruciale: quanto possiamo realmente rallegrarci? Nonostante gli sforzi e le buone intenzioni, questo cucciolo trascorrerà la sua intera esistenza in cattività, senza mai sperimentare la vasta libertà delle foreste africane, luogo d'origine dei suoi antenati. Sebbene gli zoo moderni si presentino come pilastri della conservazione e della ricerca, rimangono, per loro stessa natura, luoghi dove gli animali selvatici sono confinati in spazi limitati, seppur curati, e distanti dalla loro vera casa. Un gorilla in libertà, infatti, percorre chilometri ogni giorno, interagisce in gruppi sociali complessi e manifesta comportamenti che difficilmente possono replicarsi tra le recinzioni e i tunnel di un parco. Anche se l'obiettivo primario è la salvaguardia genetica della specie, il prezzo inevitabilmente include la privazione della libertà. Il nuovo cucciolo di Fasano si appresta a diventare un simbolo potente: da un lato, incarna la speranza per la biodiversità e la conservazione; dall'altro, rappresenta un triste monito sulla vulnerabilità di una specie la cui sopravvivenza, oggi, sembra dipendere sempre più dall'intervento umano e dalla riproduzione programmata in cattività. Questo ci spinge a riflettere profondamente se la nostra gioia non nasconda, in realtà, una sconfitta più grande: la natura che non è più in grado di proteggersi autonomamente e il cui destino è legato a recinti e progetti controllati dall'uomo.
Dal punto di vista di un osservatore attento, questa straordinaria nascita offre un'opportunità unica per una riflessione più ampia sul nostro rapporto con il regno animale e sulla definizione stessa di conservazione. Mentre l'arrivo di un nuovo cucciolo di gorilla ci riempie di un'iniziale gioia e speranza per la preservazione di una specie così magnifica e minacciata, è imperativo andare oltre il semplice entusiasmo e confrontarsi con la realtà della vita in cattività. Il dibattito tra la conservazione ex-situ (fuori dal loro habitat naturale, come negli zoo) e in-situ (all'interno del loro ambiente naturale) è più attuale che mai. Se da un lato gli zoo svolgono un ruolo indubbiamente importante nel salvaguardare il patrimonio genetico di specie a rischio e nell'educare il pubblico, dall'altro non possiamo ignorare le implicazioni etiche legate alla privazione della libertà e alla modificazione dei comportamenti naturali degli animali. La storia di questo piccolo gorilla ci invita a interrogarci: stiamo davvero salvando una specie se la condanniamo a un'esistenza confinata, seppur sicura? La sua vita, sebbene protetta da ogni pericolo esterno, sarà radicalmente diversa da quella che i suoi simili conducono in natura. Forse, il vero successo non risiede tanto nella capacità di riprodurre queste creature in cattività, quanto piuttosto nel nostro impegno a proteggere e ripristinare i loro habitat naturali, consentendo loro di prosperare in libertà. Questo evento deve spronarci non solo a celebrare la vita, ma anche a raddoppiare gli sforzi per affrontare le cause profonde della minaccia alle specie selvatiche, come la deforestazione e il bracconaggio, affinché un giorno, i gorilla e innumerevoli altre specie possano prosperare senza la necessità di gabbie, riflettendo la vera essenza di una conservazione sostenibile e rispettosa della vita in tutte le sue forme.
Recentemente, il Colorado è stato teatro di insoliti avvistamenti che hanno suscitato un certo scalpore e curiosità. Numerosi conigli selvatici sono stati osservati con evidenti escrescenze scure localizzate sulla testa e sul collo, conferendo loro un aspetto quasi mostruoso, tanto da guadagnarsi sui social il soprannome di “conigli Frankenstein”. Queste formazioni, che richiamano corna o tentacoli, hanno generato interrogativi e qualche preoccupazione tra la popolazione, ma la loro origine è scientificamente spiegabile e meno allarmante di quanto sembri a prima vista.
La scienza offre una chiara spiegazione dietro queste manifestazioni: la causa è il Papillomavirus di Shope, un agente virale conosciuto da quasi un secolo che infetta i lagomorfi nordamericani, in particolare il coniglio dalla coda di cotone. Questo virus induce la crescita di papillomi cheratinizzati, ovvero escrescenze dure e pigmentate che assumono una forma simile a corna. Nonostante l'impatto visivo possa essere impressionante, si tratta di tumori di natura benigna che raramente minacciano la vita degli animali, a meno che non si sviluppino in prossimità di aree vitali come la bocca o gli occhi, ostacolando l'alimentazione o l'orientamento. La trasmissione del virus avviene prevalentemente tramite insetti vettori quali pulci, zanzare e zecche, il che spiega l'incremento dei casi durante i mesi estivi. Anche il contatto diretto tra conigli può favorire la diffusione. Fortunatamente, il sistema immunitario degli animali è spesso in grado di far regredire spontaneamente queste escrescenze, senza richiedere interventi esterni.
È fondamentale sottolineare che il Papillomavirus di Shope non presenta alcun rischio di contagio per gli esseri umani o per gli animali domestici. La sua importanza risiede, tuttavia, nel campo della ricerca scientifica. Data la sua somiglianza con il Papillomavirus umano (HPV), lo studio di questi conigli infetti ha offerto preziose intuizioni sui meccanismi attraverso cui i virus possono indurre la formazione di tumori, contribuendo significativamente alla comprensione e alla ricerca sul legame tra HPV e il cancro cervicale. Per chi dovesse imbattersi in un coniglio con tali caratteristiche, gli esperti raccomandano prudenza: è sconsigliato toccare o tentare di catturare l'animale, non per un rischio di contagio, ma per evitare di causargli stress, il quale potrebbe compromettere il suo benessere e la sua capacità di recupero.
Questi eventi ci rammentano l'importanza della conoscenza e della comprensione scientifica per demistificare fenomeni che, a prima vista, potrebbero apparire inquietanti o anomali. La natura, con le sue complessità, ci offre costantemente spunti di apprendimento e di riflessione, invitandoci a superare la paura dell'ignoto attraverso la ricerca e l'educazione. La vicenda dei conigli del Colorado ci insegna come la curiosità scientifica possa trasformare un apparente problema in un'opportunità di progresso, migliorando la nostra comprensione del mondo naturale e della salute, sia animale che umana.
Nel cuore di Bruxelles, una città già celebre per le sue sculture idriche rappresentanti un bambino e una bambina nell'atto di urinare, si erge un'altra figura emblematica: un simpatico cane meticcio con la zampa alzata. Questa statua, situata al civico 35 di Rue des Chartreux, completa un singolare \"trittico della pipì\", affiancando il rinomato Manneken Pis e la meno conosciuta Jeanneke Pis. La presenza di queste opere d'arte riflette un aspetto giocoso e anticonformista della cultura urbana di Bruxelles.
Conosciuto come Het Zinneke, o talvolta Zinneke Pis, questa scultura in bronzo è stata realizzata nel 1998 dall'artista belga contemporaneo Tom Frantzen. Frantzen, nato a Bruxelles nel 1954 e formatosi all'Accademia Reale di Belle Arti, è celebre per il suo stile distintivo, intriso di ironia e surrealismo. Le sue creazioni, spesso integrate in modo insolito nell'ambiente urbano, offrono una prospettiva unica e riconoscibile, trasformando gli spazi pubblici in gallerie a cielo aperto.
La singolarità di tante sculture dedicate all'atto di urinare a Bruxelles solleva interrogativi sulle loro motivazioni. Molti interpretano queste opere come un'ode alla birra, bevanda onnipresente e culturalmente significativa nella regione. Per quanto riguarda il cagnolino, \"Zinneke\" nel dialetto locale evoca il fiume Zenne che attraversa la città, storicamente un punto di ritrovo per i cani abbandonati, e si traduce anche come \"cane di razza mista\". L'atto stesso della minzione potrebbe simboleggiare il flusso vitale, il ciclo dell'acqua che entra ed esce, trasformato, quasi un metaforico fiume interiore.
La statua di Zinneke si distingue per la sua posizione audace, non confinata in una piazza o in un parco, ma direttamente sul ciglio della strada. Questa scelta la rende un'\"opera d'arte instabile\" nel suo contesto, come dimostrato dall'incidente del 2015, quando fu danneggiata da un'auto. Fortunatamente, l'intervento dello stesso Tom Frantzen ne permise il restauro, sottolineando la resilienza dell'opera e il legame profondo tra l'artista e la sua creazione.
La rappresentazione di bambini o angeli che urinano non è una peculiarità esclusiva di Bruxelles, ma affonda le radici in una tradizione artistica ben più antica, dove tali raffigurazioni erano considerate espressioni di libertà e talvolta di irriverenza. Anticamente, l'atto dell'urinare da parte di un bambino era visto come un gesto di purezza e innocenza. Nel contesto religioso cristiano, la minzione degli angioletti serviva a umanizzare le figure divine, rendendole più accessibili e vicine all'esperienza umana. Questo tema artistico evidenziava una tendenza a rendere meno astratti i personaggi celesti, inclusi Dio, Cristo e gli arcangeli.
Attraverso Zinneke Pis, Bruxelles celebra la semplicità e l'umanità dei suoi abitanti, proiettando al contempo un'immagine di città dallo spirito vivace, ironico e audace. Il Manneken Pis, in particolare, è avvolto in leggende, la più nota delle quali narra di un bambino che salvò la città da un incendio orinando sulle fiamme, un atto che si dice abbia prevenuto una catastrofe. Queste storie, intessute nel tessuto urbano, arricchiscono il patrimonio culturale di Bruxelles, trasformandola in un crogiolo di storia, arte e folklore.
La scelta di raffigurare un cane meticcio non è casuale; essa vuole rappresentare una celebrazione di tutte le razze e, per estensione, un simbolo dell'apertura e dell'ospitalità del popolo belga. Il meticcio incarna la capacità di interscambio culturale e di integrazione che caratterizza Bruxelles, una metropoli in cui diverse identità si fondono armoniosamente, creando una società ricca di diversità e accoglienza.