Il Parco Nazionale di Kaziranga, situato nello Stato di Assam in India, si è congedato da Mohanmala, la sua elefantessa più anziana, stimata all'età di circa novant'anni. Arrivata nel parco nel lontano 1970, si distinse fin da subito per la sua forza e il suo spirito impavido, caratteristiche che le permisero di affrontare con straordinaria determinazione sfide che per molti altri sarebbero state insuperabili. La sua dipartita conclude un capitolo significativo nella storia del parco, lasciando un'eredità di dedizione e coraggio che verrà ricordata a lungo da tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerla e di lavorare al suo fianco nella salvaguardia della fauna selvatica e nell'assistenza alla comunità.
Per decenni, Mohanmala è stata un elemento fondamentale nelle operazioni di contrasto al bracconaggio, accompagnando incessantemente i ranger nelle aree più remote del parco per assicurare la protezione dei rinoceronti indiani e di altre specie animali a rischio. La sua serenità, unita a una volontà indomita, le permetteva di affrontare situazioni pericolose senza alcuna esitazione. Per questo, tra i custodi del parco era considerata non solo un'instancabile collaboratrice, ma una vera e propria alleata nella cruciale missione di difesa dell'ambiente. La sua straordinaria abilità nel nuoto era una delle sue caratteristiche più celebri; durante le ricorrenti e devastanti inondazioni del fiume Brahmaputra, Mohanmala riusciva a raggiungere zone altrimenti irraggiungibili anche per le imbarcazioni, portando in salvo sia persone che animali in difficoltà. Per lunghi anni, le fu attribuito il soprannome di “ambulanza del parco”, grazie alla sua capacità di trasportare feriti o malati verso i centri di soccorso e, una volta guariti, di ricondurli alle loro case, dimostrando un altruismo e una resilienza senza pari.
Nel corso della sua lunga esistenza, Mohanmala ha condiviso il suo percorso con ben cinque mahout, ovvero i suoi custodi, a cui è sopravvissuta. Con ognuno di loro ha costruito un legame di profonda fiducia, diventando parte integrante non solo del team del parco, ma della vita di coloro che si prendevano cura di lei con dedizione. Dal 2012, su consiglio dei suoi custodi, è stata ufficialmente esonerata dal servizio attivo e trasferita nel campo di Mihimukh, dove ha trascorso gli anni della pensione ricevendo cure amorevoli, nutrimento adeguato e attenzioni quotidiane, godendo di un meritato riposo dopo una vita di instancabile servizio. La scomparsa di Mohanmala segna la conclusione di un'epoca. Per oltre mezzo secolo, ha osservato in silenzio le trasformazioni del Kaziranga, le vittorie conseguite contro i bracconieri e le tragedie causate dalle alluvioni. Per tale ragione, le autorità del parco le hanno tributato un solenne omaggio con una cerimonia ufficiale, riconoscendola come un membro imprescindibile della famiglia di Kaziranga e come emblema di una battaglia per la conservazione che trascende la vita di un singolo animale.
Il parco ha organizzato una cerimonia di addio profondamente toccante, alla quale hanno preso parte ranger, veterinari e membri della comunità locale. La celebrazione ha incluso rituali tradizionali e momenti di profonda riflessione, rendendo onore al coraggio indomito e alla straordinaria dedizione di Mohanmala, la cui memoria continuerà a vivere come fonte d'ispirazione per le future generazioni che si dedicheranno alla protezione della natura in India.
La salvaguardia dell'ecosistema antartico ha raggiunto un momento cruciale con l'interruzione della pesca del krill. Questa decisione storica, in vigore dal 1° agosto 2025, è una risposta diretta all'allarmante velocità con cui le flotte industriali hanno esaurito la quota annuale di cattura, mettendo in pericolo la sopravvivenza di numerose specie marine. L'episodio sottolinea la fragilità degli equilibri naturali e l'urgenza di un'azione coordinata a livello globale per proteggere la biodiversità marina. La battaglia per la conservazione del krill è, in realtà, una battaglia per il futuro dell'Antartide e dei suoi magnifici abitanti, un monito a riconsiderare l'impatto delle nostre attività sul delicato equilibrio del pianeta.
L'Oceano Antartico è stato teatro di una decisione senza precedenti il 1° agosto 2025, quando la pesca del krill è stata sospesa. Questa misura drastica è giunta dopo che le gigantesche navi da pesca, appartenenti a Norvegia, Cina, Cile, Corea del Sud e Ucraina, hanno raggiunto e superato la quota annuale di 620.000 tonnellate di krill in soli sette mesi. L'accelerazione delle attività di pesca è stata aggravata dalla mancata riconferma, nell'ottobre 2024, di una misura cruciale da parte della Commissione per la protezione delle risorse marine viventi in Antartide (CCAMLR), che avrebbe obbligato le flotte a distribuire il loro sforzo di pesca su aree più vaste, evitando così la concentrazione eccessiva nelle zone più ricche di krill. Questa pratica intensiva ha depauperato le fonti di cibo primarie per le specie antartiche.
Il krill, un piccolo crostaceo, è l'elemento fondamentale della catena alimentare dell'Antartide, indispensabile per la sopravvivenza di pinguini, foche, uccelli marini e balene. La sua eccessiva cattura per la produzione di integratori alimentari, mangimi per l'acquacoltura e cibo per animali domestici ha generato una crisi ecologica. Le conseguenze di tale sfruttamento sono già evidenti: non solo la riduzione del cibo disponibile per la fauna selvatica, ma anche la documentazione di balene che rimangono intrappolate e perdono la vita nelle reti da pesca, come avvenuto con l'Antarctic Endeavor il 25 marzo 2025, un evento che si aggiunge ad altri decessi di megattere nel 2024. Questo scenario si inserisce in un contesto più ampio di difficoltà per la regione, dove proposte per la creazione di Aree Marine Protette sono state sistematicamente bloccate da Russia e Cina, e le popolazioni di pinguini imperatore affrontano già le sfide del cambiamento climatico. Mentre l'Associazione dei produttori di krill auspica un aumento della quota, la comunità scientifica e le organizzazioni non governative, come Sea Shepherd, sottolineano l'insostenibilità di tali pratiche e l'urgenza di invertire la rotta per proteggere un ecosistema in grave sofferenza.
L'interruzione della pesca del krill in Antartide è un chiaro segnale di come le azioni umane possano avere un impatto devastante sugli ecosistemi più remoti e incontaminati del nostro pianeta. Come osservatori, siamo chiamati a riflettere sull'interconnessione tra le nostre scelte quotidiane e le conseguenze a lungo termine sulla biodiversità. Ogni capsula di Omega-3 o ogni sacchetto di crocchette per animali può nascondere una storia di depauperamento e sofferenza. Questa vicenda ci esorta a una maggiore consapevolezza e a un consumo responsabile, privilegiando prodotti che non contribuiscano alla distruzione di equilibri ecologici vitali. La protezione dell'Antartide, un tesoro naturale globale, richiede un impegno collettivo e una revisione profonda delle politiche di sfruttamento delle risorse, affinché la vita marina possa prosperare e continuare a svolgere il suo ruolo fondamentale nell'equilibrio del nostro pianeta.
Un'analisi recente del WWF, contenuta nel Living Planet Report 2024, ha messo in luce una diminuzione catastrofica della popolazione di vertebrati d'acqua dolce a livello mondiale. Dal 1970 al 2020, si è registrato un impressionante calo medio dell'85%, il più significativo tra tutti gli ecosistemi monitorati. Questo dato allarmante evidenzia la profonda sofferenza di fiumi, laghi e zone umide del nostro pianeta. In questo quadro globale preoccupante, l'Italia si distingue negativamente, non solo per gli impatti dei cambiamenti climatici e l'eccessivo sfruttamento delle risorse idriche, ma anche per l'aggravarsi del problema causato dalla proliferazione di specie non native.
La situazione in Italia è particolarmente critica, come dimostrano i dati aggiornati dalla lista rossa IUCN forniti dal WWF Italia. Le acque interne del paese ospitano una percentuale elevatissima di specie ittiche e crostacei di origine non autoctona, superando rispettivamente il 60% e il 50%. Questa massiccia introduzione, spesso legata alle attività di pesca sportiva, ha alterato profondamente gli equilibri ecologici. Di conseguenza, il 63% delle specie ittiche native, pari a 35 su 56, è ora a rischio di estinzione. Tra queste, quindici specie sono considerate in 'pericolo critico', a un passo dalla scomparsa definitiva, come l'anguilla, il carpione del Garda, la trota marmorata e lo storione cobice. Nonostante un decreto ministeriale del 2020 avesse vietato l'introduzione di specie ittiche alloctone, in linea con la Direttiva Habitat europea, il WWF segnala tentativi di aggirare la normativa e il rischio di un allentamento dei divieti a livello nazionale, che favorirebbe la pesca ricreativa. Questa prospettiva, definita dal WWF come una 'inaccettabile deregolamentazione', potrebbe portare a severe sanzioni dall'Unione Europea.
Per affrontare questa crisi ecologica e prevenire un'ulteriore perdita di biodiversità, è fondamentale un impegno congiunto e determinato. Le istituzioni devono resistere alle pressioni che mirano a indebolire le normative esistenti, rafforzando piuttosto le politiche di conservazione e ripristino degli habitat naturali. È essenziale promuovere una maggiore consapevolezza pubblica sull'importanza della biodiversità acquatica e sull'impatto delle specie aliene. Solo attraverso azioni concrete e una visione a lungo termine sarà possibile salvaguardare la ricchezza naturale dei nostri fiumi e laghi per le generazioni future, trasformando la crisi attuale in un'opportunità per un futuro più sostenibile e in armonia con la natura.