In una terra devastata dalla guerra, ogni aspetto della vita quotidiana è compromesso, e persino i processi biologici più intimi diventano fonte di indicibile sofferenza. A Gaza, le donne affrontano la crudele realtà di vivere il ciclo mestruale senza le minime risorse igieniche. Questa carenza, lungi dall'essere un mero inconveniente, rappresenta una violazione profonda della dignità umana e un rischio concreto per la salute.
La testimonianza di Rula Jebreal, che raccoglie le voci disperate delle donne intrappolate nella Striscia, rivela una situazione agghiacciante: molte di loro sono spinte a considerare la sterilizzazione come l'unica via per sfuggire al tormento mensile. Questa scelta estrema non è dettata da libertà individuale, ma dalla disperazione di fronte all'impossibilità di gestire un processo corporeo naturale in modo dignitoso.
Il corpo femminile, nella Striscia di Gaza, è diventato metaforicamente un campo di battaglia. La regolarità del ciclo mestruale, un tempo simbolo di fertilità e vita, è ora un peso insostenibile a causa della carenza di prodotti essenziali. L'accesso limitato all'acqua potabile e l'assenza di servizi igienici adeguati costringono le donne a pratiche disperate, come lavarsi in mare aperto, esponendosi a rischi e umiliazioni.
Oltre alla fame e alla malnutrizione che affliggono oltre il 40% delle donne incinte o che allattano, a Gaza si manifesta un'altra forma di carestia, meno visibile ma altrettanto devastante: quella dell'igiene. La difficoltà nella distribuzione degli aiuti e il blocco delle forniture essenziali impediscono l'arrivo di assorbenti, disinfettanti e biancheria pulita, trasformando il ciclo mestruale in una prigione mensile di dolore e infezioni.
La situazione delle donne a Gaza non è solo una crisi umanitaria, ma una violenza sistematica e invisibile. La gestione delle mestruazioni non è un lusso, ma un diritto umano fondamentale. Negare questo diritto significa infliggere una sofferenza inaudita, punire il corpo femminile e minare la sua stessa essenza, in un contesto dove anche la ricerca di cibo diventa un atto eroico e rischioso.
In un significativo sviluppo nel panorama legale internazionale, il gigante dolciario Ferrero ha ottenuto una vittoria cruciale in India. Una recente sentenza giudiziaria ha posto fine alla produzione e commercializzazione di versioni contraffatte della sua iconica crema spalmabile, la Nutella. Questo successo legale non solo salvaguarda l'integrità del marchio, ma sottolinea anche la crescente importanza della protezione della proprietà intellettuale nei mercati emergenti globali. La decisione rafforza la posizione di Ferrero contro le imitazioni e garantisce che i consumatori siano protetti da prodotti di qualità inferiore e potenzialmente dannosi.
La controversia legale ha avuto inizio nel 2021, quando le autorità di regolamentazione alimentare nel Maharashtra hanno scoperto e sequestrato centinaia di migliaia di confezioni di una crema spalmabile che richiamava in modo ingannevole l'aspetto e il contenuto della Nutella. L'indagine ha rivelato che non solo i vasetti erano stati riprodotti fedelmente, ma anche etichette e tappi, progettati per confondere i consumatori. La società implicata, Mb Enterprises, con sede a Thane, era chiaramente intenta a sfruttare la notorietà del marchio Ferrero per distribuire un'imitazione illegittima.
Dopo un processo durato quattro anni, l'Alta Corte di Delhi ha emesso un verdetto a favore di Ferrero, riconoscendo la violazione del marchio. La sentenza ha imposto una penale di tre milioni di rupie, equivalenti a circa 30.000 euro, a carico dell'azienda contrafattore. Un aspetto ancora più rilevante della decisione è il divieto permanente imposto a Mb Enterprises di intraprendere qualsiasi attività futura legata alla produzione o alla distribuzione di prodotti contraffatti. Questo esito rappresenta una pietra miliare nella difesa dei diritti di proprietà intellettuale in un mercato vasto e dinamico come quello indiano.
La corte ha inoltre posto l'accento sui seri rischi per la salute pubblica derivanti dalla circolazione di alimenti non regolamentati, specialmente per i bambini, considerandoli atti di malafede con potenziali danni estesi alla popolazione e alla reputazione di Ferrero. A consolidare ulteriormente la posizione legale di Ferrero è stato il riconoscimento ufficiale di Nutella come 'marchio notorio' ('well-known trademark'). Questa designazione legale conferisce a Nutella uno status di fama indiscussa e forte riconoscibilità, il che significa che per il sistema giudiziario indiano, Nutella non è solo un prodotto generico, ma il riferimento per le creme spalmabili al cacao e nocciole. Questo riconoscimento avrà implicazioni significative per future dispute legali, sia in India che a livello internazionale.
Tuttavia, il percorso legale di Ferrero non è sempre stato privo di ostacoli. Nel 2024, l'azienda ha subito una sconfitta in Francia in una disputa con un altro produttore italiano, Rigoni di Asiago. Il contenzioso era scaturito da una pubblicità della Nocciolata, un prodotto concorrente, che evidenziava l'assenza di olio di palma e utilizzava l'immagine di un orango, simbolo della lotta alla deforestazione. Ferrero, che include l'olio di palma nei suoi ingredienti, aveva accusato la campagna di essere comparativa e denigratoria. Tuttavia, il tribunale francese non ha accolto le argomentazioni di Ferrero, imponendo all'azienda un risarcimento di circa 10.000 euro.
Il verdetto in India consolida la tutela del marchio Ferrero in un mercato cruciale, dimostrando l'impegno dell'azienda nella lotta contro la contraffazione e salvaguardando la fiducia dei consumatori nella qualità e autenticità dei suoi prodotti iconici.
LIDL ha intrapreso una fase di sperimentazione nei suoi punti vendita del Nord Europa, introducendo gli innovativi E-Mand Smart Cart. Questi carrelli, equipaggiati con sistemi di intelligenza artificiale, sono progettati per seguire il cliente senza necessità di contatto fisico. Attraverso il download di un'applicazione dedicata e l'attivazione tramite un codice univoco, l'esperienza di acquisto viene trasformata.
Una volta collegato all'app, il carrello intelligente mantiene una distanza ravvicinata dal cliente, navigando agilmente tra gli scaffali e superando gli ostacoli. Il sistema costruisce una mappa virtuale dell'ambiente, garantendo un percorso fluido e riducendo lo stress. L'obiettivo primario è quello di offrire maggiore libertà di movimento, minimizzare la fatica e accelerare il processo di acquisto.
Il panorama della grande distribuzione vede un crescente interesse per i carrelli intelligenti, capaci di agire come assistenti personali o di calcolare automaticamente il totale della spesa. Tuttavia, l'implementazione su vasta scala di questa tecnologia presenta sfide significative, soprattutto in termini di costi. Ogni unità può costare tra i 5.000 e i 10.000 dollari, una cifra notevolmente superiore rispetto ai tradizionali carrelli che si attestano sotto i 100 dollari. A questi si aggiungono le spese per la manutenzione, gli aggiornamenti software e il supporto tecnico. Nonostante ciò, si stima che tali carrelli possano incrementare i profitti dei supermercati fino al 18% per cliente, grazie a un'esperienza di acquisto più efficiente. Per il momento, si tratta di una fase di test, ma se i risultati saranno positivi, questi carrelli smart potrebbero presto arrivare anche nei supermercati italiani.
Nonostante l'aspetto affascinante e la potenziale comodità, sorge spontanea la domanda sulla reale necessità di tali innovazioni. C'è il rischio di dedicare risorse ed energie a soluzioni che potrebbero rivelarsi poco sostenibili o scarsamente utili. Mentre il settore della grande distribuzione promuove la transizione ecologica e la riduzione dei consumi, la direzione intrapresa sembra a volte contraddittoria.
Un carrello che segue il cliente non risolve problemi esistenti, ma ne introduce di nuovi. Si profilano aumenti nel consumo energetico, obsolescenza tecnologica accelerata e una crescente dipendenza da applicazioni e dispositivi personali, senza considerare l'impatto ambientale legato alla produzione e al mantenimento di questi sistemi. Inoltre, vi è il rischio di un maggiore isolamento del consumatore, sempre più dipendente da automatismi e meno incline all'interazione umana. In un'era che promuove il consumo consapevole, la filiera corta e i prodotti locali, l'introduzione di tecnologie che richiamano più un videogioco che un'attività quotidiana potrebbe essere solo un ulteriore gadget superfluo travestito da progresso. La vera questione non è se il futuro della spesa ci seguirà autonomamente, ma quale tipo di futuro vogliamo realmente costruire.